La Casa Rossa di Alfredo Panzini
La costruzione della Casa Rossa, così chiamata per via dell’intonaco esterno, risale al 1906, quando Alfredo Panzini (1863 – 1939), incoraggiato dai proventi delle prime opere letterarie, decise di fabbricarsi un villino a Bellaria, dove da anni si recava in villeggiatura con la famiglia, ospite di contadini e pescatori.
In estate la Casa Rossa diventava l'epicentro della vita culturale del territorio, grazie alle visite di importanti letterati ed artisti ed agli incontri organizzati dalla moglie Clelia Gabrielli, raffinata pittrice, di cui si possono ancora ammirare nelle stanze della Casa alcuni dipinti. Fino all’autunno del 1938, l'anno che precedette la sua morte, Panzini trascorse alla Casa Rossa i periodi più lieti, ispirati e significativi della sua vita di uomo e di scrittore.
Questa casa, prima in affitto e poi acquistata, diventa per Panzini un luogo di rifugio ma anche un osservatorio privilegiato. Da qui egli segue le trasformazioni del mondo, da qui egli osserva, irridendoli, i nuovi riti della borghesia. Qui vengono scritte molte delle opere importanti, qui lo vengono a trovare gli amici romagnoli, Marino Moretti, Antonio Baldini, Renato Serra, Alfredo Oriani.
Oggi, dopo anni di abbandono e dopo il rischio della distruzione, questa casa ritorna al pubblico con i suoi colori originari, con i suoi muri e soffitti affrescati (significativo il motto "STRACCI" che si trova nelle quattro pareti del salone d’ingresso), con alcuni dei suoi mobili semplici ma pieni di grazia. Quello che si ripropone al pubblico non è un monumento come gli altri ma un luogo di meditazione, un luogo del pensiero e della scrittura, una casa che va visitata per capire chi era Alfredo Panzini, quali misteri si nascondono ancora dietro le lenti dei suoi occhiali e al suo volto rubicondo un po' da curato di campagna, un po' da fattore astuto.
Alfredo Panzini, un professore che conosceva bene i suoi contemporanei e sapeva come inchiodarli all'eternità con l'arma più innocente e terribile: la penna.